“La solitudine è una tempesta silenziosa
che spezza tutti i nostri rami morti”
Kahlil Gibran
Come si parla di qualcosa che non c’è? Come si definisce una sensazione, che, effettivamente, riporta a qualcosa che manca, spesso senza sapere di cosa si tratta? Spiegare il senso di vuoto, descrivere e riuscire a empatizzare con una sensazione che per sua definizione indica qualcosa che non c’è, può risultare molto complicato.
Il senso di vuoto
Sono convinta che la maggior parte delle persone si sia trovata almeno una volta nella vita a farci i conti. Molte persone che si sentono così attribuiscono questa sensazione alla mancanza di una persona, alle scarse attenzioni ricevute dal partner, a una separazione, all’insoddisfazione lavorativa, alla mancanza di amici, amore, sesso e via dicendo.
Eppure spesso non è la mancanza di nessuno di questi aspetti a causare la sensazione di vuoto interiore. In effetti, il senso di vuoto è uno degli aspetti mentali più complessi e, in quanto tale, può manifestarsi in modalità e aspetti diversi tra loro, così come le reazioni ad esso possono essere diametralmente opposte tra di loro. Una cosa, però, le accomuna: il dolore, mentale e fisico, che le accompagna.
Siamo circondati da persone… eppure ci sentiamo soli
Erroneamente potremmo pensare che la sensazione di avere un vuoto dentro sia percepita da una persona sola, che magari desidererebbe avere accanto a sé qualcuno o qualcosa con cui riempirlo. Ci sono momenti nella vita nei quali siamo circondati da persone che magari ci vogliono anche molto bene e alle quali siamo affezionati, animali, oggetti ma ci sentiamo comunque soli e sentiamo che ci manca qualcosa.
Sono tanti i motivi per cui possiamo sentire un vuoto nella pancia, come sono tanti i modi in cui, inizialmente e spesso inconsciamente, si tenta di colmarli.
“Il buco” di Anna Llenas
C’è un bellissimo libro per bambini di Anna Llenas, il buco, che tenta di spiegare ai bambini questa sensazione, cercando di darle un nome. Anche qui vengono descritti modi in cui la bambina protagonista tenta di colmare il vuoto che sente dentro: cerca di trovare il tappo giusto per chiuderlo, tenta di riempirlo con il cibo e con oggetti materiali, ma più cerca di riempirlo e più il buco diventa grande. Fin quando smette di cercare fuori e inizia a guardarsi dentro, trovando in sé le risorse per fronteggiarlo.
Io aggiungerei che la “soluzione” non la si può trovare al di fuori, ma è necessario ascoltarsi, accogliere questa sensazione, abbandonarcisi e da lì andare avanti.
L’aiuto dello psicologo
Non sempre è possibile fare questi passaggi di chiarezza e consapevolezza da soli, per questo consultare uno psicologo può essere di grande aiuto. Chiedere aiuto, infatti, non significherebbe cercare all’esterno, ma essere aiutati nel trovare dentro di sé le cause profonde che ci fanno concentrare più sul vuoto che sulle potenzialità e risorse che abbiamo dentro.
C’è una canzone di Bianca D’Aponte interpretata da Cristina Donà che si intitola “Ma l’amore no” che dice:
“la frenesia è la soluzione per riempire di vuoto un dolore”
e ancora
“e allora non parlare, il silenzio voglio ascoltare, non dargli un nome, dagli soltanto ragione”
che spesso mi ha fatto riflettere e che condivido.
Di fronte a un dolore talvolta si cerca di non ascoltarlo ed evitarlo per non stare male, cercando di riempirsi le giornate con mille impegni di varia natura pur di non fermarsi a pensare, quando invece, molte volte, la cosa migliore sarebbe fermarsi e ascoltare il silenzio.
Accogliere il dolore non significa lasciarsi sommergere da esso, darsi tempo non equivale a perdere tempo, lasciar andare, non vuol dire dimenticare. Smetti di cercare fuori quel qualcuno o quel qualcosa che riempia il tuo vuoto e riempilo di te.
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